Onorevoli Colleghi! - Alcuni episodi di cronaca giudiziaria che hanno coinvolto addetti a pubbliche biblioteche hanno reso evidente la necessità di un urgente intervento da parte del legislatore al fine di colmare una lacuna normativa.
      In particolare, è accaduto che operatori di pubbliche biblioteche siano stati sottoposti a giudizio penale per avere consegnato agli utenti libri valutati dall'inquirente alla stregua di pubblicazioni oscene.
      Il comportamento di tali operatori pubblici è stato infatti ricondotto all'ipotesi delittuosa di cui all'articolo 528 del codice penale, con conseguenze che, sul piano pratico, appaiono francamente inique. Il bibliotecario, infatti, nel consegnare un testo raccolto nella istituzione culturale presso cui opera, svolge nulla più che il suo lavoro ed esercita le sue prerogative, peraltro di rilevante importanza sociale e culturale. Quello di una biblioteca pubblica è un patrimonio messo a disposizione della collettività, né la funzione del bibliotecario può essere ricondotta a quella di «filtro etico» in ordine ai testi custoditi.
      D'altra parte, la tutela del lavoro svolto dal bibliotecario costituisce questione caldeggiata anche sul piano internazionale sia dal Parlamento europeo sia dall'UNESCO.
      Di qui la presente iniziativa legislativa, alla quale si dà sostanza con la previsione di due norme da inserire nel vigente codice penale: la prima, articolo 528-bis, al fine di introdurre nel sistema una nuova causa di non punibilità connessa con lo svolgimento delle mansioni di bibliotecario; l'altra, un comma aggiuntivo all'articolo 529, al fine di meglio definire «i motivi di studio» esimenti nell'ambito della definizione di «atti e oggetti osceni» di cui al medesimo articolo 529.

 

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